L’artista messicano Gabriel Orozco gira il mondo con la moglie e il figlio e vive tra New York, Parigi e Città del Messico. Si può parlare anche in questo caso di nomadismo artistico (come con Pascale Marthine Tayou), che questa volta si traduce in una costante ricerca di ispirazione nelle cose più semplici.
Gli oggetti usati sono quelli della quotidianità, con i quali il pubblico è spinto ad esplorare e stimolare la propria immaginazione. Orozco si serve quindi di disegni, installazioni, fotografie, sculture e video, combinati anche insieme, per coinvolgere e farcire di ulteriori stimoli lo spettatore. È il caso dell’installazione completata con fotografie di ‘Sandstars’. Visitando le coste della Isla Arena, l’artista ha raccolto ben 1.188 oggetti/rifiuti trasportati dalle correnti del Pacifico, ricreando questo cimitero di cose a cielo aperto anche nei musei. Oggetti non posati a caso, però. Bottiglie, lampadine, boe, remi, pietre, corde, vetri e metalli sono ordinati per colore, forma e materiale, creando un enorme collage arcobaleno. Il tutto accompagnato da foto alle pareti di ogni singolo pezzo, da poter osservare meglio.
Un altro ritrovamento importante è stato lo scheletro di una balena. Uno scheletro che è diventato poi protagonista della scultura ‘Mobile Matrix’, completo di segni in grafite. Usato anche come modello nella ‘Dark Wave’ di carbonato di calcio e resina con grafite.
Da notare è anche ‘La DS’, una Citroën tagliata e riassemblata rimuovendo la parte centrale. L’interesse per le macchine e la loro struttura è presente anche nell’artista e amico Damián Ortega, che scompone il Maggiolino come in un’esplosione controllata. Qui invece ci appare tutto più lirico, in una forma che sembra quella originaria ma nello stesso tempo mutata.
Orozco fornisce quindi nuovi modi di vedere ciò che ci sembra familiare, componendo con minuzia e pazienza per donarci un senso estetico e armonico della visione.