Da tecnico di laboratorio di biochimica a scultore, Tony Cragg non ha mai del tutto sotterrato la sua prima passione. La scienza riecheggia sempre nelle sue opere, tra leggi e strumenti scientifici.
Le prime sculture, o composizioni, sono composte da plastica o materiali di recupero, assemblati a formare delle figure, molto spesso umane. Figure che possono cambiare nelle posizioni, negli oggetti rappresentati, pur rimanendo abbastanza standardizzate. Ciò che cambia è il colore. Dal monocromo a un policromo lieve, fino ad arrivare ad un arcobaleno più acceso, riprendendo in queste opere lo spettro cromatico della luce.
Dalla metà degli anni ’80 però qualcosa cambia. L’influenza di scienziati e filosofi si fa sentire, così come riemergono le esperienze di laboratorio. L’attenzione ai materiali si trasforma. Secondo l’artista ogni oggetto o materiale ha un “palloncino di informazioni” intorno ad esso e cambiando la forma cambia anche questo bagaglio di dati (e viceversa). La forma e il significato sono quindi strettamente interconnessi e interdipendenti tra loro.
Per Cragg non esistono limiti ai materiali usati, come non ci sono limiti alle idee o alle forme che si possono creare. Si formano così composizioni scultoree e monumentali in legno, gesso, ceramica, vetro e bronzo, lavorati in modo diverso dal solito. I materiali sembrano snaturati, accartocciati, plasmati per diventare morbidi e perfettamente levigati. Niente è più come sembra sotto la mano di questo abile scultore.
La forma è quindi molto importante per Cragg, che percepisce la scultura come uno studio dedito a indagare come materiali e relative strutture influenzino le nostre idee ed emozioni.
Credits: Tony Cragg, Cragg, Tony nell’Enciclopedia Treccani, Tony Cragg – Lisson Gallery